Oggi ricorre il 77. anniversario dello sgancio della seconda bomba atomica, avvenuto il 9 agosto 1945 a Nagasaki. Ancora non si conosce il numero esatto delle vittime causate da quelle due bombe atomiche e probabilmente non lo si conoscerà mai. Due bombe che, sebbene vengano spesso accomunate, erano invece profondamente diverse tra di loro.
La prima bomba atomica, sganciata il 6 agosto 1945 sulla città di Hiroshima, era infatti una bomba all’uranio, mentre quella sganciata su Nagasaki era una bomba al plutonio.
Con questo articolo non è mia intenzione entrare nel merito delle motivazioni (valide o meno) che hanno portato gli Stati Uniti a sganciare le bombe atomiche sul Giappone. Vorrei solo portare alla luce un dettaglio, probabilmente poco conosciuto, per cui Fat Man (il nomignolo con cui fu soprannominata la bomba al plutionio) venne sganciata proprio su Nagasaki.

Il fungo atomico si leva sopra Nagasaki dopo l’esplosione di Fat Man (by Charles Levy)
Sul finire del 1944, quando lo sviluppo della nuova arma era ad uno stadio ormai molto avanzato, il generale Leslie Groves, responsabile del Progetto Manhattan, aveva iniziato a riflettere in merito ai possibili obiettivi. Qualche settimana prima dello sgancio delle due bombe atomiche, nel corso di una riunione preliminare di quello che era soprannominato come “Target Committee“, Groves rese noti i criteri secondo i quali una città sarebbe potuta entrata nella lista dei possibili obiettivi. La città designata avrebbe quindi dovuto:
1) possedere un valore sentimentale per i giapponesi in modo che la sua distruzione avrebbe influito negativamente sulla volontà del popolo di continuare la guerra;
2) avere una certa rilevanza dal punto di vista militare; avrebbe quindi dovuto essere la sede di fabbriche di munizioni, di aerei, di mezzi oppure di grandi concentrazioni di truppe;
3) essere per lo più intatta, al fine di riuscire a dimostrare l’impressionante potere distruttivo di una bomba atomica;
4) essere abbastanza grande per l’utilizzo di un’arma della potenza della bomba atomica
Oltre a questi criteri politico-militari, dovevano poi essere presi in considerazioni quelli scientifici, come le condizioni meteorologiche, la possibilità di utilizzo del radar sul bersaglio o il tempo che l’aereo che trasportava la bomba avrebbe impiegato per il sorvolo del bersaglio (dal suo avvicinamento, al puntamento, allo sgancio).
Alla fine di tutte le analisi, i bersagli che soddisfacevano tutte le condizioni richieste per l’utilizzo della nuova arma, non erano molti, soprattutto a causa delle enormi distruzioni che i bombardamenti aerei americani avevano già causato alle città nipponiche.
Nel corso di un’altra riunione tenutasi il 10 maggio 1945, Robert Oppenheimer, il capo scienziato del progetto Manhattan, esaminò la lista dei possibili obiettivi e tutti i vari dettagli che li rendevano validi. Essi includevano lo stato degli obiettivi, la quota di detonazione, i fattori psicologici nella selezione del bersaglio, gli effetti radiologici e così via.
Per lo sgancio della prima bomba atomica, Joyce C. Stearns, uno scienziato che rappresentava l’Air Force, propose quattro obiettivi selezionati in ordine di preferenza: Kyoto, Hiroshima, Yokohama e Kokura, giustificando la scelta in quanto erano “tutte grandi aree urbane di oltre tre miglia di diametro“, “in grado di essere effettivamente danneggiate dall’esplosione” e “probabilmente non saranno attaccate entro il prossimo agosto“.
Qualcuno suggerì addirittura di sganciare la bomba sul palazzo imperiale di Tokyo. Erano tutti concordi nel definirla un’idea spettacolare, ma militarmente impraticabile. In ogni caso, Tokyo era già stata tolta dalla lista in quanto era già stata ridotta in macerie dai precedenti bombardamenti subiti.
In cima alla lista vi era quindi Kyoto. Si trattava di una grande città industriale con una popolazione di 1 milione di abitanti. Soddisfaceva la maggior parte dei criteri del comitato. Migliaia di giapponesi e industrie si erano trasferiti lì per sfuggire alla distruzione in corso nelle altre città; si trattava inoltre di un centro culturale e intellettuale importantissimo nella storia del Giappone. La sua distruzione avrebbe causato un fortissimo contraccolpo psicologico tra la popolazione del Sol Levante.
Al secondo posto di questa non invidiabile lista, vi era Hiroshima, città di 318.000 abitanti. Il rapporto del “Target Committee” descriveva la città come un importante centro dell’esercito nonché un’importante base navale nei pressi di un’area urbana “di dimensioni tali che gran parte della città potrebbe essere ampiamente danneggiata“. Hiroshima, il più grande degli obiettivi che non erano ancora stati bombardati nel corso della guerra, era circondata da colline che, probabilmente, avrebbero amplificato l’effetto distruttivo dell’esplosione atomica”.
Il 25 luglio si tenne la riunione decisiva durante la quale fu stilata la lista definitiva delle città bersaglio per la bomba atomica. Nonostante fosse caldeggiata dal generale Groves per la presenza dei suoi bellissimi santuari e templi in legno che, oltre ad essere altamente infiammabili, ne determinavano il suo alto valore sentimentale per il popolo nipponico, Kyoto, l’antica capitale del Giappone, fu cancellata dalla lista proprio per il suo alto valore simbolico e culturale e inoltre non aveva installazioni militari significative.
Alla fine della riunione, il comitato scelse quattro città da attaccare in ordine di preferenza: Kokura, Hiroshima, Niigata e Nagasaki. La scelta definitiva sarebbe comunque stata determinata dal fato. Sarebbe stata attaccata la città che si sarebbe trovata con le migliori condizioni meteo il giorno stabilito per l’attacco.
La mattina del 6 agosto 1945, il ricognitore in volo sui potenziali obiettivi comunicò che su Kokura erano presenti nuvole estremamente fitte, mentre su Hiroshima il cielo era abbastanza sereno, anche se coperto da nuvole per sette decimi. Era la la condizione minima ritenuta necessaria per poter procedere al bombardamento. Il colonnello Paul Tibbets confermò la ricezione del messaggio e diresse su Hiroshima il B-29 battezzato con il nome di sua madre, Enola Gay. Alle ore 8 14 minuti e 45 secondi, Little Boy uscì dal vano bombe dell’Enoly Gay e, dopo 43 secondi di caduta libera, esplose a 600 metri dal suolo uccidendo sul colpo tra le 70’000 e le 80’000 persone.
Tre giorni più tardi, il 9 agosto, un altro B-29, soprannominato Bockscar, al comando del maggior Charles W. Sweeney, decollò come l’Enola Gay dall’isola di Tinian, nell’arcipelago delle Marianne. Nel vano bombe trasportava un’altra bomba atomica, soprannominata Fat Man. Anche questa volta, in cima alla lista figurava Kokura (oggi Kitakyushu), mentre come obiettivo secondario era stata designata Nagasaki.

Il B-29, soprannominato Bockscar, che sganciò la bomba atomica su Nagasaki (nationalmuseum.af.mil)
Giunto sopra l’obiettivo principale, l’equipaggio del Bockscar trovò Kokura coperta da nubi. Sweeney effettuò tre passaggi sulla città, nel tentativo di trovare uno squarcio tra le nubi che permettesse lo sgancio della bomba, ma senza successo. Alla fine dovette rinunciare e, già a corto di carburante, invertì la rotta per rientrare alla base. Kokura era scampata nuovamente alla distruzione. Ma il destino di Nagasaki era invece segnato. La rotta di rientro da Kokura era stata appositamente tracciata in modo che il B-29 sorvolasse l’obiettivo secondario.

Ricostruzione post-bellica di Fat Man (U.S. Department of Defense)
Poco prima delle 11.00, il quadrimotore americano iniziò a sorvolare Nagasaki. Sweeney identificò visivamente, così come glie era stato ordinato, il nuovo obiettivo. Anche su Nagasaki era però presente una densa coltre di nubi che impediva lo sgancio a vista della bomba. Il maggiore decise che rientrare ed atterrare a Tinian con a bordo la bomba sarebbe stato un rischio troppo elevato. Inoltre, volare con a bordo Fat Man fino a Tinian avrebbe fatto consumare al B-29 una quantità enorme di carburante, fatto che lo avrebbe probabilmente costretto ad un ammaraggio di fortuna, manovra già pericolosa di per sé, ma resa ancora più tale con a bordo con una bomba atomica. Non era infatti pensabile di liberarsi del carico bellico prima di procedere all’ammaraggio, come se si trattasse di normali bombe. Sweeney decise quindi di contravvenire agli ordini ed accese il radar del bombardiere, al fine di individuare l’obiettivo attraverso la coltre di nubi e, pochi istanti più tardi, sganciò Fat Man. Come previsto, la bomba esplose a 470 metri di quota, ma nella valle di Urakami, a 4 chilometri di distanza dall’obiettivo designato. Condannata dal destino che aveva invece salvato due volte Kokura, grazie a questo errore di puntamento Nagasaki venne protetta dalle colline circostanti la valle, evitando quindi il totale annientamento. Ciò nonostante, circa 60 mila persone furono uccise all’istante dall’esplosione, mentre molte altre migliaia sarebbero morte nei mesi e negli anni successivi.

Nagasaki, prima e dopo l’esplosione di Fat Man (pubblico dominio)
Il giorno successivo, 10 agosto, il governo giapponese fece sapere tramite il console svizzero che si trovava a Tokyo che era pronto a discutere la resa.

Gli effetti distruttivi della bomba atomica esplosa su Nagasaki (Nagasaki Atomic Bomb Museum)