La corazzata USS Arizona esplode dopo essere stata colpita da una bomba sganciata da un aereo giapponese

Alle 07.48 del mattino di domenica 7 dicembre 1941, 353 aerei giapponesi decollati da 6 portaerei, attaccarono in due ondate la base navale americana di Pearl Harbor, nelle Hawaii.

Nonostante i segnali di un possibile attacco nemico fossero evidenti da parecchio tempo, le difese della base furono colte completamente di sorpresa, fatto maggiormente accentuato dal fatto che esso si svolse di domenica.

Sebbene non vi sia stata una vera e propria sospensione tra l’una e l’altra, l’attacco si svolse su due ondate. La prima (guidata dal capitano di fregata Mitsuo Fuchida) composta da 183 aerei e la seconda da 171. Per circa un’ora e mezza la base navale di Pearl Harbor e le basi aeree sull’isola di Oahu furono sottoposte a pesanti bombardamenti. I danni furono notevoli: 2 corazzate affondate e definitivamente perdute (l’Arizona, esplosa dopo essere stata colpita da 4 bombe e l’Oklahoma, capovolta dopo essere stata colpita da 5 siluri). Anche una terza corazzata, la Utah, risultò affondata in modo definitivo, capovolgendosi, ma, in realtà, si trattava di una nave bersaglio disarmata. Altre 3 corazzate (West Virginia, California e Nevada) affondarono su bassi fondali o furono fatte arenare per evitarne l’affondamento, ma furono successivamente recuperate e rimesse in servizio. La corazzata Pennsylvania (nave ammiraglia della Flotta del Pacifico) fu seriamente danneggiata mentre si trovava in bacino di carenaggio, mentre la Tennessee e la Maryland se la cavarono con danni contenuti, probabilmente per il fatto che, trovandosi nella fila interna dell’ormeggio delle corazzate presso Ford Island, beneficiarono dello scudo fornito loro dalla Oklahoma e dalla West Virginia. Dopo le necessarie riparazioni ed alcuni importanti lavori di ammodernamenti, rientrarono entrambe in servizio già nel febbraio del 1942.

Ben 188 aerei americani furono distrutti (la maggior parte dei quali colpiti al suolo) ed altri 159 danneggiati. Persero la vita 2’335 militari, 1’177 dei quali trovarono la morte a bordo della corazzata Arizona e 429 a bordo della Oklahoma, mentre altri 1’143 subirono ferite. Si registrarono anche 68 morti e 35 feriti tra i civili.

I giapponesi persero 29 aerei, mentre altri 74 risultarono danneggiati ma in grado di rientrare alle rispettive portaerei. Andarono perduti anche 5 sottomarini tascabili, (trasportati nelle acque delle Hawaii da sottomarini-madre) senza che avessero ottenuto alcun risultato. Le vittime nipponiche furono 64, di cui 55 aviatori e 9 marinai (sui 10 che componevano gli equipaggi dei sottomarini tascabili).

Oggi si terranno le celebrazioni in occasione degli 80 anni dall’attacco giapponese, a cui prenderà parte, tra gli altri, anche David Russel, che a 101 anni, è uno dei più anziani reduci (era imbarcato sulla Oklahoma) di quello che il presidente americano Franklin Delano Roosevelt definì, nel corso del suo discorso alla nazione, “Il giorno dell’infamia”.