Oggi, 21 luglio 2022, ricorre il 53° anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna. Gli astronauti Neal Armstrong ed Edwin “Buzz” Aldrin furono i primi esseri umani a posare il piede sull’unico satellite naturale del nostro pianeta. Dopo la missione Apollo 11 altre 6 missioni si succedettero (il programma si concluse con la missione Apollo 17, nel dicembre del 1972), ma una di queste fallì (la notissima missione Apollo 13) ed il totale degli uomini sbarcati sulla Luna è, a tutt’oggi, fermo a 12.

Nonostante sia ormai assodato che l’allunaggio sia avvenuto, esiste ancora una folta schiera di complottisti e di negazionisti, i quali sostengono che si sia trattato di una grande farsa.

I complottisti, a riprova che l’uomo sulla Luna non ci è mai andato, mostrano le foto dei set cinematografici in cui sarebbe stato filmato il finto allunaggio, ovviamente omettendo di specificare di che genere di fotografie si tratta.

Infatti, si guardano bene dal dire che la NASA, nei suoi archivi, dispone di circa 20’000 fotografie e dozzine di ore di filmati relativi all’intero programma Apollo. Questo materiale è liberamente accessibile e documenta tutte le varie fasi del programma Apollo.

A sostegno delle loro tesi, i complottisti mostrano le fotografie realizzate durante i test svolti sulla Terra. Una buona parte della collezione fotografica riguarda, infatti, proprio questi test effettuati sul nostro pianeta. Al folto popolo di creduloni questo basta per affermare che “Si tratta di una montatura e queste sono le prove che sulla Luna l’uomo non ci è mai andato”.

A questo punto, probabilmente, anche a molti tra coloro che non rientrano nel schiera dei complottisti, qualche dubbio potrebbe sorgere. Perché queste fotografie? Ebbene la risposta è molto più semplice di quanto si possa pensare.

Si era sul finire degli anni ’60 del XX Secolo e la NASA voleva spedire tre uomini a 380’000 km dalla Terra. Era necessaria un’assoluta precisione e non si disponeva certo della tecnologia dei nostri giorni. Basti pensare che il processore contenuto in uno qualsiasi degli smartphone disponibili sul mercato odierno, è di gran lunga più potente del computer utilizzato per controllare i veicoli spaziali dell’epoca. Per gli Stati Uniti non era in ogni caso ammissibile sbagliare. Il fallimento del programma Apollo, oltre a causare la probabile morte degli astronauti, avrebbe offuscato l’immagine del paese in tutto il mondo.

Per cercare di evitare questi rischi, venivano provate tutte le possibili situazioni di pericolo che avrebbero potuto verificarsi durante l’intera missione. Dall’imbarco nella capsula Columbia (il modulo di comando in cui si trovavano i tre astronauti al momento del decollo del Saturno V ed al rientro nell’atmosfera terrestre fino all’ammaraggio al termine della missione), ai vari movimenti all’interno dell’intero modulo Apollo, inclusa la famosa discesa dalla scaletta. Era però necessario effettuare anche dei test che riguardassero il dopo allunaggio, ovvero i primi passi da compiere sulla Luna, la posa della bandiera a stelle e strisce, la raccolta di alcuni campioni del suolo lunare, il rientro sul LEM (Lunar Excursion Module) e la risalita verso il Modulo di Comando e Servizio (CSM, Command and Service Module). Tutto doveva essere provato e riprovato, al fine di farsi trovare pronti se si fosse verificato un problema.

Fu proprio durante una di queste simulazioni di discesa dalla scaletta del modulo lunare, battezzato con il nomignolo di Eagle (Aquila), che la tuta di Neal Armstrong rimase impigliata, strappandosi. Armstrong non riuscì a liberarsi e la missione fu considerata un totale fallimento. Il problema che si era verificato venne studiato ed analizzato a fondo grazie ai filmati ed alle numerose fotografie scattate. Vennero quindi prese le necessarie contromisure affinché il problema non potesse verificarsi durante la vera missione Apollo 11.

Così come l’esercitazione durante la quale la tuta di Neal Armstrong rimase impigliata, anche tutte le altre vennero filmate e fotografate, in modo da poter successivamente venir analizzate nei minimi particolari.

Le fotografie che i complottisti utilizzano per affermare e dimostrare che lo sbarco sulla Luna non è mai avvenuto, ma si è invece trattato di una grande messinscena, fanno quindi parte delle 20’000 che la NASA mette volentieri a disposizione, a testimonianza di quella grande impresa che è stato il Programma Apollo.

D’altronde, nell’arco di 53 anni e con oltre 18’000 persone coinvolte, se il programma Apollo fosse stata tutta una grande montatura, qualcuno avrebbe parlato non credete? Inoltre, se ci fosse stato anche il minimo dubbio, l’acerrimo rivale degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica, non avrebbe di certo esitato a sbandierarlo, screditando il governo di Washington agli occhi del mondo intero.

Se siete arrivati fino qui e siete interessati all’argomento, vi consiglio di leggere anche l’interessantissimo articolo pubblicato dall’autorevole Il Sole 24 ore in data 15 luglio 2019 e che potete trovare a questo link: https://www.ilsole24ore.com/art/la-vera-storia-finto-sbarco-luna-ACdregY